Se girando nelle sale di una libreria ti ritrovi a dare un’occhiata alle novità editoriali più recenti, scoprirai che molti degli ultimi romanzi appena usciti derivano da episodi di cronaca. Da fatti reali che hanno colpito profondamente gli autori al punto tale da spingerli a trasformarli in opere di narrativa.
Su questo fronte le modalità di approccio si differenziano. In alcuni casi si estrapola la struttura dei fatti e si crea un’opera di finzione, in altri invece la narrazione si trasforma in un memoir, nel senso che l’autore diventa protagonista dell’evoluzione delle vicende, raccontando le proprie scoperte, gli incontri con i familiari della vittima o dell’omicida, e così via.
In questo articolo voglio parlarti della prima metodologia, quella cioè della trasformazione dell’episodio di cronaca in una struttura narrativa, vale a dire in un romanzo.
In primo luogo, ci si deve domandare come e in che modo partire, sia che si tratti di un ciclo seriale in corso, sia che possa essere un inizio vero e proprio, cioè con nuovi investigatori. E qui pensiamo a ufficiali delle forze dell’ordine, sostituti procuratori, ecc.; oppure a quelli al di fuori delle istituzioni, come gli investigatori privati, le fioraie, gli anziani impiccioni, e così via.
Una metodologia di tradizione utilizzata da molti autori crime del passato e del presente è quella di osservare il territorio in cui si vive, sentendo gli umori della gente e tenendo sott’occhio le pagine di cronaca dei giornali, in particolare delle edizioni locali. Non ci si deve dimenticare infatti che è proprio dai piccoli episodi, dalle piccole storie di ogni giorno, che possiamo trovare gli spunti per elaborare un prodotto narrativo totalmente nostro.
Ma qui va fatta una precisazione.
Di solito, l’elaborazione di un romanzo può nascere anche da un’intuizione apparentemente casuale, da uno spunto, da una circostanza completamente opposta mai accaduta, che però inizia a svilupparsi nella mente. E questa è un’ipotesi più che fattibile.
Però la cronaca, i fatti raccontati dalle testate giornalistiche locali (cartacee e online) possono spesso nascondere spunti interessanti. Non necessariamente attuali, ma vicini al nostro vissuto. Ricordo infatti che in un’intervista Andrea Camilleri aveva confessato di attingere spesso a diversi episodi di cronaca letti casualmente sui giornali, ma risalenti a parecchi anni prima.
Quindi una linea direttrice potrebbe essere questa: l’individuazione e scelta di un determinato episodio di cronaca che ci colpisce. Magari non accaduto nel territorio in cui si abita, ad esempio in una provincia confinante. Allora è proprio il caso di aprire il pc portatile e di creare una cartella. Lì andrai a inserire gli articoli di giornale dedicati alla vicenda in questione.
Potrebbe trattarsi di un filone: ad esempio, l’omicidio, il ritrovamento del cadavere, l’autopsia, il mistero che circonda la vicenda, le indagini, e poi, dopo qualche mese, la scoperta del colpevole o dei colpevoli.
Parliamo dunque di un arco temporale che dura un po’ di tempo. Si tratta dunque di avere pazienza, di seguire le edizioni locali dei giornali e catalogare gli articoli appartenenti a quel filone. Da qui possiamo iniziare ad avere una prima traccia di partenza. Magari poi si vorrebbe scoprire di più, ad esempio leggendo i documenti giudiziari. Tuttavia da qualche anno la problematica si è fatta più complessa, e ha un preciso nome: GDPR.
Di che si tratta?
L’acronimo GDPR significa General Data Protection Regolation, e si riferisce all’omonimo regolamento dell’Unione Europea in materia di trattamento di dati personali (n. 2016/679), entrato in vigore in Italia il 24 maggio 2016.
Questo regolamento ha letteralmente travolto la disciplina normativa nazionale in materia (originariamente contenuta nel D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196), al punto tale che il legislatore, solo in un secondo momento, è intervenuto con il D.Lgs. 10 agosto 2018 n. 101. Gli effetti sono stati micidiali, tant’è vero che ormai tutti gli atti giudiziari contengono le clausole di obbligo di evitare la menzione di nomi e cognomi a mezzo stampa.
Vi sono, ad esempio, sentenze in cui si precisa che, in caso di consultazione e utilizzo da parte di soggetti esterni (ad esempio, per i commenti a cura delle riviste giuridiche), vanno omessi i riferimenti a persone fisiche, luoghi e perfino alle pubbliche amministrazioni eventualmente coinvolte.
Ne è prova il fatto che, quando si effettuano le conferenze stampa relative a indagini conclusesi, viene fatta un’ampia illustrazione generale, si spiega il tutto in modo generale e viene stilato un comunicato stampa ben circostanziato. Ma il tutto avviene sotto forma di sintesi. E a differenza del passato non si forniscono più ai giornalisti, sotto formato pdf, gli atti delle indagini, che si tratti delle richieste ufficiali dei sostituti procuratori oppure dei provvedimenti emanati dai giudici per le indagini preliminari.
La ragione? È quella di evitare rischi di contenziosi, facilmente eccepibili dagli avvocati difensori dei soggetti coinvolti dall’indagine, mediante una segnalazione/esposto presso il Garante della privacy: a tal fine, vale la pena di ricordare che le multe del Garante sono salatissime, e soprattutto sono a carico direttamente dei responsabili del trattamento dati.
Per questa ragione, infatti, gli archivi giudiziari sono stati oggetto, di recente, di una pesante stretta ai fini della consultazione, proprio a causa di questa nuova disciplina comunitaria sulla privacy.
Cosa c’entra, allora, tutto questo con la progettazione di un nuovo romanzo? Semplice, c’entra col fatto che molte delle potenziali informazioni, eventualmente rinvenibili dalle centinaia di pagine di atti giudiziari, non sono più facilmente accessibili.
Occorre pertanto fare di necessità virtù.
Spesso, infatti, i documenti giudiziari possono esserci utili. Ma nel contempo possono rivelarsi un’arma controproducente, nel senso che andrebbero a ridurre la nostra operatività, la nostra fantasia, la nostra capacità di elaborare una storia, un prodotto di finzione, un romanzo giallo o noir.
Perché se alla fine accumuliamo tanti, e forse anche troppi, particolari secondari (rinvenibili o nelle relazioni investigative o nel provvedimento del gip), rischiamo di mettere troppi tasselli, tali da limitare la nostra operatività, la nostra capacità di elaborare la storia con maggiore flessibilità.
In fin dei conti, raccontiamo storie. Vogliamo scrivere un romanzo. E non un saggio asettico attorno a una vicenda di cronaca che, al massimo, può interessare il territorio provinciale. Invece la vicenda reale può essere estrapolata, resa a sé stante. E diventare il frutto, la base di partenza, per partire da zero.
In che modo?
Anzitutto non facciamoci attrarre dall’impatto emotivo della vicenda. Occorre lasciarla sedimentare, ad esempio, facendo scorrere qualche mese. E poi, a mente fredda, iniziamo a rileggere il materiale giornalistico raccolto, a riascoltare e vedere i servizi giornalistici in video.
A fianco, con un taccuino iniziamo a prendere le prime idee. E cominciamo a capire come questa storia potrà evolversi: nello stesso territorio, come dicevamo, oppure in quello in cui ambientiamo le nostre storie, in una localizzazione reale o immaginaria, ma pur sempre vicina al nostro sentire di narratori e/o di lettori.
Da questi appunti iniziamo a tracciare l’ossatura della storia. Ma siamo solo all’inizio, beninteso. Perché il punto della questione non deve essere rivolto al fatto in sé, ma a come lo racconteremo, a come lo svilupperemo. Quello che andiamo ad estrapolare dagli articoli di giornale, dalle dichiarazioni di questo o quell’ufficiale della polizia o dei carabinieri alla rivista locale online, è solo l’ossatura. L’inizio. Lo stimolo per partire verso la progettazione della struttura narrativa.
A questo punto, infatti, una volta delineati i personaggi potenziali, ovvero:
– La vittima;
– Il colpevole o i colpevoli;
– Le persone che gravitano attorno a loro;
– Gli investigatori;
Possiamo scatenarci e decidere come sviluppare l’intreccio, se vogliamo dare sviluppo alla narrazione interamente dal punto di vista dei soli investigatori, o se pensiamo di alternare col metodo a zig-zag, coinvolgendo la vittima e assassino attraverso i flashback, così da dare più ritmo al romanzo.
Prima di partire a scrivere, si deve preparare questo lavoro con pazienza, cura e attenzione artigianale a dir poco maniacale, studiando le caratteristiche di ogni personaggio, le modalità di interazione, i caratteri, i tic, gli eventuali vissuti, e così via.
Si può anche fare riferimento ai personaggi reali della vicenda da cui si prende spunto, ma è utile riuscire a cambiare gli elementi che li contraddistinguono, non limitandoci solo a sostituire cognomi e nomi, ma intervenendo in modo intelligente per distaccarci dalle persone dalle quali traiamo spunto per le nostre storie.
Ricordiamoci: raccontiamo storie, non cronaca nera. Ed è pertanto necessario cogliere gli spunti dal reale, ma nel contempo possiamo modificare, spostare gli aspetti veri per piegare i fatti reali alle esigenze narrative.
Un lavoro preparatorio come questo è dunque fattibile. Però, ribadisco, occorre molta pazienza, non farsi prendere dal desiderio di finire prima del tempo, solo per la smania di farsi leggere, di pubblicare il lavoro finito. Dobbiamo dare attenzione al lavoro che stiamo sviluppando, e siamo chiamati a farlo con cura.
La scrittura è anzitutto un grande lavoro di artigianato e come tale va preceduta da un lungo lavoro preparatorio, di studio, analisi, anche di verifica dei luoghi, e da una strutturazione dettagliata della storia che andiamo a costruire.
Ma un fattore per me importante è proprio questo: lo spunto dalla cronaca, dal reale, è sicuramente utile e necessario, ma ciò che conta è che non dobbiamo diventarne dipendenti. Anzi, possiamo staccarci dal suo insieme, modificarlo a nostro piacimento, piegarlo alle esigenze narrative, trasporre la vicenda da un territorio e spostarla in un altro. E con questi presupposti abbiamo allora la possibilità di sviluppare e progettare la nostra storia.
Prima di salutarti voglio consigliarti cinque romanzi ispirati da fatti di cronaca realmente accaduti e/o a documenti secretati:
- Giancarlo De Cataldo, Romanzo criminale, Einaudi;
- Massimo Carlotto, Il fuggiasco, Edizioni E/O;
- Piergiorgio Pulixi, Lo stupore della notte, Nero Rizzoli;
- Giuseppe Genna, Nel nome di Ishmael, Mondadori;
- Carlo Lucarelli, Falange armata, Einaudi.
Buona lettura.
Lavora come segretario generale in alcuni comuni delle province di Savona e Imperia. Già autore di saggi storici e giuridici, ha esordito nella narrativa con il romanzo Taci, e suona la chitarra! (Fratelli Frilli Editori, 2005). Ha creato il ciclo seriale delle indagini dell’ufficiale dei carabinieri Roberto Martielli, iniziato con Il venditore di bibite (Fratelli Frilli Editori, 2018), seguito da Destini in fumo (Fratelli Frilli Editori, 2019) e Ventimiglia riviera dei fuochi (Fratelli Frilli Editori, 2020). Suoi racconti sono stati pubblicati nelle antologie Una finestra sul noir, 44 gatti in noir e Tutti i sapori del noir, editi da Fratelli Frilli Editori.