(Seconda parte dell’intervista a Lorenzo Palloni, la prima è qui)
Terranera affonda nel presente vivo della crisi dell’immigrazione, i protagonisti sono tre immigrati che dalle piantagioni del sud Italia finiscono a lavorare per un camorrista pazzoide. Un libro ritmato e veloce che mostra un profilo duro dell’Italia vista dagli occhi delle vittime. L’Italia è una terra nera?
La più nera che c’è. Un paese fascista ed ipocrita fino al midollo, governato da una classe dirigente impotente e molle, che tiene sotto lucchetto misteri di stato e fomenta sospetti e populismo. Individualismo e clientelismo ai livelli più alti, con un bel condimento di razzismo, sessismo e violentissimo maschilismo. Mafie e massoneria la fanno da padrone, perché meno si parla di una cosa e più c’è. Nessuna rappresentanza politica, ma solo un circo dove il più furbo ha la meglio e la legge è volontariamente impotente, perché difesa da una Pubblica Sicurezza che incarna il paese. E poi tutto finisce sempre in una bolla di sapone, in una spaghettata con amici, che tanto la vita è bella, solo per te che non muori. Scusa lo sfogo. Ma quale paese migliore dove ambientare noir e gialli? Forse solo la Svezia, dove tutta questa violenza sociale è più sorda, meno esplicita.
Nel fumetto ci sono molti confini, non solo geografici, l’Italia nella tua scrittura sembra un set di Tarantino, è difficile ambientare da noi scenari che siamo abituati a leggere nella fiction americana ?
Assolutamente no, e la risposta è in quella precedente. Contenuto e forma si specchiano, e viviamo davvero in uno dei paesi più belli del pianeta, ma riusciamo a stuprarlo con una società demenziale e basata sulla prevaricazione. L’ambiente di Terranera non può non rispecchiare il paese che viviamo: discariche, spazzatura, smog, tutto sparso per un paese che è più che altro un mostro di Frankenstein. Ogni venti chilometri cambi dialetto, pensiero, abitudini. Un paese che è mille regioni, mille concetti di stato, mille convenzioni, e tutte antiche, medievali, perché nonostante tutto la Chiesa ha ancora potere in Italia, nel 2020. Altro che Stati Uniti del sud, la prima stagione di True Detective la dovevano fare qui.
Il fumetto è un linguaggio che si presta meglio ad abbandonare il realismo oppure dipende dalla singola produzione?
Dipende sempre. La storia la fa da padrone. È lei che dice: ehi, qui serve più realismo perché la gente deve sbatterci il naso contro, c’è questa urgenza. Oppure dice: lascia un po’ andare qui, non ti preoccupare, il lettore capisce lo stesso. Se segui il concetto che vuoi dire, andrà bene, e non ti farai troppe paranoie. Vero anche che il linguaggio stesso, il limite visivo impone una sintesi che tende ad abbandonare il realismo in favore della comprensione e del ritmo. È un costo da pagare, un’operazione inversamente proporzionale, tra realismo e immersione, e sintesi e comprensione.
Alle presentazioni di Terranera spesso si parla di diritti del lavoro, fiction e politica possono avere un dialogo?
Il più produttivo: quello che passa per i lettori. In Italia, soprattutto. La politica è incompetente e non riesce ad intercettare niente della realtà della gente, ma solo promettere cose che nessuno manterrà. È un gioco che sappiamo tutti, ma facciamo finta di sperare in un dialogo cittadini/politica. Con la fiction puoi evitare politica e mass media, che sono più che mai imbarazzanti, e rivolgerti al lettore con un messaggio semplice e chiaro: okay, questa cosa è disegnata, non esiste, ma ti rendi conto che è vera, sì? Che ora che stai leggendo questo aspetto della tua realtà viene portato avanti e fa soffrire della gente? Ti rendi conto che questa dinamica permette alla realtà di essere la vergogna che è adesso? Fumetto e serie TV, più del cinema, oggi raccontano il mondo al mondo. E c’è sempre qualcuno che legge e guarda e ascolta.
Sei un grande lettore di narrativa, dacci una hot list di letteratura crime, imprescindibile secondo te.
Colpo di Spugna di Jim Thompson; la serie di Parker di Richard Stark (alias Donald E. Westlake), da cui Darwyn Cooke ha tratto la serie di libri che citavo prima; e ovviamente Sputerò sulle vostre tombe di Boris Vian; ti metterei in lista anche Il grande Nulla di James Ellroy; la trilogia Red Riding di David Peace; la tetralogia di Duca Lamberti di Giorgio Scerbanenco (in particolare I milanesi ammazzano al sabato). Bonus: Città di Vetro di Paul Auster (e l’adattamento di Karasik e Mazzucchelli) e Tre camera a Manhattan di Georges Simenon, che è più che altro un crime emotivo, ma pesantissimo.
E cinque fumetti italiani contemporanei da conoscere assolutamente?
L’intervista di Manuele Fior; 5 è il numero perfetto di Igort; Trama di Ratigher; Il paese dei tre santi di Nardella e Bizzarri, Sputa tre volte di Davide Reviati.
A questo punto chiudiamo il cerchio le tue serie tv e film preferiti.
The Sopranos, Madmen, The Wire, Rescue Me, Mr Robot, Succession, Scrubs, Breaking Bad e Better Call Saul.
Il fumetto è un linguaggio a produzione lenta, per fare un libro ci vuole più o meno un anno, ti sei mai cimentato con la narrativa?
Quando vivevo ad Arezzo ho vinto un contest cittadino con un piccolo racconto crime in prosa ambientato durante le rivolte studentesche del 2010, Gioco Sporco. Dopo allora, non ho più pensato alla prosa come un’alternativa al fumetto. Farò fumetti fino a quando non sarò polvere. Ma ci sono un paio di storie che mi stanno spingendo verso la prosa. Ci proverò, lo so anche io, ma non so quando. So che sarà un libro di quelli grossi, che spero non annoi, e che sono sicuro farà male al lettore. È un sentore vago, ma al contempo preciso, del fatto che – se mai pubblicherò un libro in prosa – sarà un viaggio lungo e disturbante, ma non so in che modo.
Cosa stai preparando per la prossima stagione? Offrici un’ anticipazione per i lettori di Giallorama.
Curioso il fatto che i miei prossimi due o tre anni saranno votati al noir: sto disegnando Burn Baby Burn, un librone corale sulle rivolte razziali, che sto scrivendo dal 2009 e che uscirà in Francia per Sarbacane in autunno 2021; poi c’è l’Ignobile Shermann, un giallo per ragazzi ambientato nel mondo dei pirati, disegnato da Alessandra Marsili; sto scrivendo un Dylan Dog Color Fest, tre storie sceneggiate da me, di cui ne disegno una sola. Poi ci sarà la seconda parte di Delusi dalla preda, le ultime 110 pagine. Concludo con un noir sui generis scritto da Samuel Daveti, Il premio, da finire entro inizio 2022 per Mammaiuto. Senza contare le storie brevi e gli altri lavori che arriveranno. Di carne al fuoco ce n’è pure troppa, e tutta nera come la pece.
Cosa non ti abbiamo chiesto?
Libro preferito. Il lungo addio di Raymond Chandler. Si può far commuovere parlando di amicizia attraverso una storia noir? Quando l’ho letto da ragazzo ho pensato: questo voglio fare, se mai vivrò di storie. Spaccare il cuore del lettore quando non se l’aspetta, a tradimento.
