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La strada del fantasma

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Le vicende di Achille Normanno, il protagonista dei miei libri, iniziano da Via dei Querceti sul colle Celio, lungo le possenti mura del convento dei Santi Quattro Coronati, nel cuore di Roma.

La storia di questo luogo si perde nei secoli, quando era avvolto da un fitto bosco, che gli attribuì il nome di mons Querquetulanus.

Durante il Medioevo la via fu chiamata Vicus Papisse, a causa di un fatto tragico e scandaloso che la bagnò nel sangue.

Attorno all’anno 885 d.C. una giovane donna inglese, dotta e dagli apparenti integerrimi costumi, fingendosi un uomo con abili travestimenti riuscì a diventare monaco, Johannes Anglicus, a scalare la carriera ecclesiastica e a ordire un “sacro imbroglio”: si fece eleggere Papa e si attribuì il nome di Giovanni VIII, al soglio pontificio per due anni e mezzo.

Pare che Giovanna (così fu ricordata) sin da ragazza avesse indossato abiti maschili come forma di ribellione ed emancipazione della donna in un’epoca buia, permeata dalla superstizione e dal dominio dei poteri forti. Per questa ragione beffare la Sacra Romana Chiesa rappresentò il massimo successo per una rivoluzionaria anticonformista.

Ottenuta la nomina, si concesse numerosi amanti sotto mentite spoglie, con inevitabili conseguenze.

In occasione di un corteo pasquale da San Pietro a San Giovanni in Laterano, superato il Colosseo e attraversata la Via dei SS. Quattro, la Papessa fu colta da improvvisi dolori nell’angusta curva di Via dei Querceti. Cadde da cavallo e partorì, svelando il suo segreto davanti agli occhi allibiti di fedeli e alti prelati.

Molti gridarono alla mano del maligno, altri allusero al malcostume della chiesa, creando lo scompiglio generale.

Non si sa se Giovanna morì nella caduta, e fu sepolta nel punto preciso della scoperta della sua vera identità, o venne lapidata dalla folla inferocita nei pressi del porto di Ripa Grande o condotta nelle segrete di Castel Sant’Angelo per espiare le sue colpe.

Di lei non si seppe più nulla. Il suo corpo sparì. Tanto che il successore, Papa Benedetto III, si assicurò di omettere dalle registrazioni storiche Giovanni VIII, pur di cancellare dalla faccia della terra il sacrilegio, aggravato dalla condotta licenziosa della donna che aveva gettato il dubbio della lussuria tra le sacre mura della Casa di Dio.

Dopo anni che le malelingue continuavano a circolare, la curia s’ingegnò. I cardinali escogitarono un metodo che evitava di ripetere il fattaccio.

Furono inventate le sedie dal sedile forato.

In conclave, un giovane diacono si sarebbe premunito di accertarsi che il neo-Papa avesse i genitali maschili tramite una pratica a dir poco bizzarra.

Il prelato, toccata con mano la natura del sesso, annunciava a gran voce Virgam et testiculos habet e tutti gli ecclesiastici rispondevano Deo gratias!.

Due di queste sedie in porfido rosso esistono ancora e sono conservate rispettivamente ai Musei Vaticani e al Louvre; ma secondo gli annali del Tredicesimo secolo, pare che provenissero da Costantinopoli dove erano adoperate dalle partorienti della famiglia imperiale.

Tuttavia le ombre del passato non si estinsero. Tra sacro e profano, i tentativi di cancellare il ricordo della Papessa non furono scalzati. A sua memoria, dal Quindicesimo secolo è affissa a un’edicola sacra dedicata alla Vergine Maria di cui Giovanna era devota.

Ciò che era storia è diventata leggenda e, come a perpetuare un episodio a tinte fosche, si aggiungono eventi soprannaturali che alimentano il mistero.

Nottetempo, il fantasma di Giovanna si manifesta proprio al crocicchio di Via dei Querceti, aleggia impalpabile in una folata di vento, scruta con occhi vitrei, provoca scricchiolii e ululati dritti nelle orecchie dei malcapitati, sussurra un richiamo che reclama vendetta per il sangue versato; trascina negli abissi della città, nelle catacombe, tra gli ossari, lungo i fiumi sotterranei che tutto custodiscono nella placida curva del tempo.

 

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