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Salamino, l’esploratore degli incubi urbani, finalista al Giallo Garda

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Capita di scoprire un autore dall’ultimo romanzo e, colpiti dalla sua qualità, di andarne a cercare il primo. A me è accaduto e, benché il secondo fosse un sequel, ho scoperto come non esistano sensi unici nella letteratura di livello. Veniamo al nome. Tenetelo d’occhio e, una volta inquadrato nel radar, non lasciatevelo sfuggire. Perché di Ferdinando Salamino, uno degli autori più promettenti nella narrativa di genere, sentiremo parlare nei prossimi anni. Il problema, nel suo caso, è casomai definire il genere.

Potremmo certo dire il giallo, o il poliziesco, il noir o il thriller, e andrebbe tutto bene. Ma il punto è che Salamino va oltre e il suo detective, Michele Sabella, diventa presto un personaggio da ricordare per le capacità di introspezione nelle pieghe dell’animo umano. E della società in cui si muove.

Non a caso Salamino, che vive tra Milano e le Midlands inglesi, è psicoterapeuta e insegna psicologia all’università di Northampton, nel Regno Unito. Non secondario anche l’aspetto logistico perché Milano e le Midlans, che ben conosce, sono i luoghi in cui ha ambientato rispettivamente il suo primo romanzo Il kamikaze di cellophane e Il margine della notte (secondo premio al Festival Giallo Garda 2020), con cui l’ho scoperto nelle eleganti edizioni di Golem.

Ma torniamo a Salamino e a Sabella, un verosimile alter ego, con tutti i filtri che certo separano un autore dal suo personaggio. E cominciamo proprio dal Margine della notte, un romanzo sontuoso e impregnato di fine sociologia, tanto che il paesaggio urbano diventa il secondo grande protagonista della storia. Siamo in un dipartimento di polizia della provincia inglese, terra all’apparenza narcotica ma carica, come una santabarbara, di tensioni sociali e di piccoli segreti, tra bande neonaziste, spacciatori di violenza ed esegeti del crimine.

Un mix che sembra attendere solo la scintilla per la deflagrazione. Michele è assegnato a un’unità che pare avere il compito precipuo di troncare e sopire, in parole povere di non sollevare mai problemi. Ma la sua anima sensibile e irruente (altro mix non così raro) sa che potrà trovare quiete solo nella verità.

Così, quando un paio di ragazze spariscono in un ghetto urbano, connotato da miseria e immigrazione, mentre i superiori si affrettano a derubricare gli episodi come suicidio o fuga volontaria, Michele annusa la profondità del dramma che si cela dietro le apparenze.

È un labirinto in discesa verso gli inferi, di cui è meglio non dare dettagli, anche perché ancora una volta, come in ogni romanzo di valore, non è tanto la trama a fare la differenza, quanto il tono narrativo e la qualità della scrittura, dei sentimenti e degli interrogativi che suscita nel lettore. E qui andiamo nelle caverne della psiche in cui si plasmano i mostri che tutti abbiamo dentro, ma che vediamo sempre e solo negli altri.

Per capire a fondo l’anima di Michele Sabella bisognerà poi affrontare con altrettanto coraggio la sua adolescenza, nel romanzo d’esordio di Salamino Il kamikaze di cellophane. La storia di un bambino senza amici, che ama solo leggere, ma che un padre pregiudicato e una madre debole costringono a buttar via i libri.

Preludio al masochismo, alle fauci dei bulli e al manicomio. Un romanzo in cui a volte si chiudono gli occhi, per non vedere, ma l’orrore è un angelo che sorride, prima di estrarre gli strumenti di tortura. Solo una frase, per capire la solitudine e lo sguardo del giovane Michele: “La follia è una festa con mille invitati, nella quale tu sei l’unico in costume”.